As the name suggests (the neologism is a portmanteau combining algorithm and motoric), algomotricity exploits kinesthetic learning activities (Begel et al. 2004), with a first phase in which pupils are informally exposed to a specific informatic topic, followed by an abstract learning phase devoted to let students build their mental models of the topic under investigation and a final computer-based phase to close the loop with their previous acquaintance with applications, in order to match at least in part the expectations of pupils, who often identify informatics with the use of a computer. In this last phase pupils are confronted with specially conceived software tools and exploit what they have learned during previous phases.
Come suggerito dal nome, l'algomotricità (si tratta di un neologismo sincratico che fonde assieme algoritmo e motorio), sfrutta attività di apprendimento cinestetiche (Begel et al. 2004), divise in tre fasi. Nella prima fase viene informalmente proposto un argomento in ambito informatico, procedendo con una successiva fase di apprendimento astratto il cui scopo è quello di far sì che i partecipanti possano autonomamente costruire modelli mentali dell'argomento che stanno analizzando. Un'ultima fase prevede l'uso di software al fine di soddisfare almeno in parte le aspettative dei discenti, che spesso identificano l'informatica con l'utilizzo di un computer. Gli strumenti software con cui gli studenti devono confrontarsi sono specificamente progettati affinché questi ultimi possano sfruttare le conoscenze acquisite durante le fasi precedenti.
Our approach took inspiration from several papers in computer science education (for example Ben-Ari 2001, Curzon et al. 2009, Pattis 1981, Bell et al. 2012), and it is clearly rooted on the Experiential Learning Theory (ELT), specifically on Problem based learning (PBL). ETL defines learning as:
L'approccio proposto si ispira a una serie di articoli scientifici sull'insegnamento dell'informatica (si veda per esempio Ben-Ari 2001, Curzon et al. 2009, Pattis 1981, Bell et al. 2012), ed è espressamente fondato sulla teoria dell'apprendimento esperienziale (ELT), e in modo più specifico sul Problem based learning (PBL). La ETL definisce l'apprendimento come:
the process whereby knowledge is created through the transformation of experience. Knowledge results from the combination of grasping and transforming experience. [...] Immediate or concrete experiences are the basis for observations and reflections, these reflections are assimilated and distilled into abstract concepts from which new implications for action can be drawn. These implications can be actively tested and serve as guides in creating new experiences
il processo in cui la conoscenza viene creata attraverso la trasformazione di esperienze. La conoscenza è il risultato della combinazione di comprensione e trasformazione di esperienze. [...] Esperienze dirette e concrete sono alla base di osservazioni e riflessioni, e queste riflessioni vengono assimilate e distillate in concetti astratti da cui si possono trarre nuove implicazioni. Queste implicazioni possono venire verificate in modo attivo e servono come guida per creare nuove esperienze.
PBL designs an educational environment based on experiential learning organized around the investigation, explanation, and resolution of meaningful problems.
Il PBL progetta un ambiente didattico basato su apprendimento esperienziale e organizzato attorno all'analisi, alla spiegazione e alla risoluzione di problemi significativi.
In our workshops, as advocated by PBL, students work in small collaborative groups and learn what they need to know in order to solve a problem (Hmelo 2004). The conductors of the workshops help pupils toward the learning goal without forcing them to follow a specific path; rather, the teacher should be able to exploit unexpected events to point out relevant issues not necessarily foreseen in the original design. This requires a trade-off between free exploring and external constraints: the didactic environment should suitably limit the available degrees of freedom so that pupils can effectively and proficiently explore the solutions' space without either getting lost or having the feeling that there is only one right answer. A key part is that pupils should have a real possibility to make mistakes, i.e., to explore strategies that give incorrect or sub-optimal results. Since pupils are asked to work in groups in all steps of the activities, they confront and exchange knowledge and skills one with each other.
Come sostenuto dal PBL, nei laboratori proposti gli studenti lavorano collaborativamente in piccoli gruppi, al fine di imparare quel che serve loro per risolvere un problema (Hmelo 2004). I conduttori delle attività guidano i discenti verso gli obiettivi formativi senza forzarli a seguire un percorso predefinito; al contrario, gli insegnanti devono saper sfruttare eventi inattesi per sottolineare punti rilevanti che non erano stati previsti nella progettazione iniziale dell'attività. Ciò richiede un compromesso tra la possibilità di esplorare liberamente e il rispetto di vincoli posti dall'esterno: l'ambiente didattico deve opportunamente limitare i gradi di libertà dei discenti al fine che essi possano effettivamente e proficuamente esplorare lo spazio delle soluzioni senza sentirsi persi e senza che abbiano la sensazione che vi sia un'unica soluzione corretta. In tal senso è importante che ai partecipanti sia data l'effettiva possibilità di commettere errori, esplorando quindi strategie che portano a risultati sbagliati o subottimali. Siccome agli studenti è richiesto di lavorare in gruppo in tutte le fasi delle attività, essi si confrontano scambiandosi conoscenze e capacità.